È il momento di agire, di far sentire la nostra voce. Gli scontri tra la polizia e le manifestanti a Londra, durante la veglia per ricordare Sarah Everard, rapita e barbaramente uccisa il 3 marzo scorso mentre tornava a casa, ripropongono in maniera drammatica il tema dell’escalation della violenza contro le donne, ora aggravata dalla crisi pandemica.
È arrivato il momento di dire basta e con forza. Di far sentire, come un’unica grande onda, la voce di protesta delle donne di tutto il mondo, a cominciare da noi. Dalle reti che si spendono per la parità, per il rispetto dei diritti, perché si elimini la violenza agita dagli uomini contro le donne. Deve essere chiaro che ogni donna uccisa equivale ad una sorella uccisa nella mia città, nel mio quartiere, nella casa accanto. Quella donna sono io.
È arrivato il momento anche per gli uomini di gettare la maschera e di dire chiaramente da che parte stanno, smettendo di considerare questi reati come fatti che non li riguardano. Il problema è culturale, prima ancora che giudiziario.
È arrivato il momento da parte di tutti i Governi di dare risposte concrete. In particolare, per quello italiano, di rimettere mano al Codice Rosso: da tempo i centri antiviolenza indicano la strada per alcune necessarie modifiche.
Noi tutte siamo ancora idealmente a manifestare nel parco di Clapham Common a Londra. La sicurezza delle donne deve essere messa al primo posto anche nell’agenda politica italiana.
Chiediamo, pertanto, a tutte le donne di essere unite in questa battaglia e al presidente Draghi di mantenere le promesse annunciate nel suo discorso di insediamento, in cui si assicuravano pari condizioni di vita per uomini e donne, non più rinviabili in un Paese che si dichiari democratico.
Peraltro il brutale omicidio di Sarah appare ancora più odioso perché, se l’impianto accusatorio sarà confermato, arriva per mano di un tutore della legge, che dovrebbe invece assicurare protezione.
Noi teniamo la mano alle donne che hanno dichiarato di volersi “riprendere le strade” (Reclaim these streets) e con esse la libertà di camminare in sicurezza; libere dalla violenza maschile e, più in generale, libere dall’ansia, dal terrore, dalle violenze verbali e fisiche e dalle sistematiche limitazioni cui molto spesso devono sottostare nel corso della loro vita.
Sui social media sono centinaia le storie di disagio e soprusi confessate da donne inglesi dopo il caso Everard e non sono molto diverse da quelle che ogni giorno, con sconforto, si ripetono nel nostro Paese.
Chiediamo, anche, al Ministro degli Esteri italiano di farsi portavoce con il Governo inglese delle nostre proteste e del nostro sostegno a quelle donne che non devono sentirsi isolate. Vogliamo accendere su di loro un gigantesco faro. E lo riaccenderemo ogni qual volta nel nostro Paese una donna sarà anche solo sfiorata dalla mano di un uomo, richiamando le istituzioni e gli organi preposti a proteggerle e liberarle dalla paura e da una violenza che non sembra avere mai fine.
Lettera aperta di Noi Rete Donne, 17 marzo 2021