martedì 3 giugno 2014

Respinto regolamento attuativo - ma soprattutto il suo emendamento peggiorativo! della L.R. 27/2012: un passo indietro per l'oscurantismo

Sono lieta di dare avvio oggi ai miei contributi a questa rete-blog della politicafemminile, perché le donne che vi sono attive (al contrario di altri) non hanno mai frainteso le mie posizioni sulla legge 194.  E soprattutto sono contenta di farlo in occasione di quella che ritengo una vittoria (anche se non ancora definitiva) del Veneto e di tutte le donne italiane, e un po' anche mia. 
Quando, nel novembre 2012, mi candidai alle Primarie del Partito Democratico, improvvisamente rimbalzò ovunque la vicenda della Legge regionale veneta n. 27/2012,  volta a Disciplinare le iniziative di promozione dei diritti etici e della vita nelle strutture sanitarie e socio sanitarie, che veniva richiamata nel modo più fuorviante come esempio di miei presunti cedimenti in tema dl Legge194. E perché? Si tratta di una legge che ammette l’attività di informazione, tramite l'esposizione di depliant, nei pressi di strutture sanitarie pubbliche da parte di associazioni dedicate a temi bioetici o biomedici, tra cui l’aborto e il fine vita. Un fatto che era stato letto come un pericoloso cedimento sul tema dell'applicazione della legge 194; ma la verità è che fu un "male minore" che veniva a tamponare il rischio ben più grave che si stava correndo. 
La legge approvata era assai difforme dalla legge di iniziativa popolare che fu inizialmente promossa, realmente in chiave anti-legge194, dal Movimento per la Vita, che voleva imporre negli ospedali e nei consultori la presenza di propri volontari come dissuasori all'aborto, figure che in nome di "valori morali" sono latori di un fondamentalismo religioso volto a travalicare i confini del rispetto per addentrarsi nella sfera dell'aiuto non richiesto e della scomunica religiosa.
Era evidente che quella legge dovesse essere respinta. Ma la pensava diversamente la maggioranza politica che reggeva (e regge tuttora) il Veneto e quel che è peggio, per quanto spaccata al proprio interno, nel 2012 aveva i numeri per approvarla. Da capogruppo del PD la scelta che avevo davanti era tra contrastare la legge tout court, con il rischio di vederla passare comunque, dati i rapporti di forza, oppure di tentare di disinnescarla portando a modifiche tali da svuotarla del contenuto originario. Scegliemmo la seconda via come la migliore praticabile, per scongiurare un pericolo ben più grave; e ancora oggi ritengo fu la scelta giusta. Perché dall'inaccettabile legge originaria si giunse a una norma che si limitava a dare alcune indicazioni di base, da un lato aprendo a tutte le associazioni dedicate a temi bioetici o biomedici, dall'altro prevedendo modalità di sola informazione scritta, mai ad personam e rispettosa della privacy; modalità rinviate a un regolamento di attuazione da stabilire.
E il primo regolamento attuativo della L.R. 27/2012 che era già uscito, pur consentendo l'esposizione di materiale informativo, escludeva (ovviamente) che le informazioni fossero portate da volontari e "alle persone": le associazioni che - a vario titolo - impegnate sui temi etici volessero "informare" potevano farlo esclusivamente esponendo materiale cartaceo in teche dedicate, senza alcuna interlocuzione possibile con le donne e/o i pazienti, tantomeno all'interno di realtà sanitarie e consultori. Ma il malcontento, nei promotori del disegno orginario, era forte e la lobby "antiabortista" non si è arresa, potendo ancora una volta trovare sponda nella maggioranza. E' così che il Presidente della Commissione Sanità Leonardo Padrin ha pensato (in sede di esame del regolamento prrdetto) di  introdurre modifiche volte a far entrare le associazioni richiedenti nelle  strutture pubbliche, in appositi spazi all’entrata di ospedali o consultori. Il che avrebbe significato, però, stravolgere la ratio della legge approvata: dunque, pur se ormai esterna al Consiglio regionale del Veneto, sono immediatamente tornata ad interessarmi della vicenda che a suo tempo avevo seguito; cercando di mettere in luce, oltre all'attacco implicito alla legge 194, anche i rischi connessi all'approvazione di un regolamento che avrebbe portato alla contemporanea presenza negli ospedali di operatori dalle posizioni opposte: da un lato volontari dei movimenti antiabortisti e dall'altro quelli delle associazioni che si occupano di fine vita ed eutanasia, rischiando così scontri ideologici e tensioni. Cioè un quadro assolutamente da evitare dentro strutture sensibili da mantenere efficienti e serene. E devo dire che anche il mio appello, che si è unito allo sforzo di tutti coloro che hanno contrastato questo emendamento, ha avuto ascolto anche grazie al dialogo con alcuni colleghi di parte opposta coltivato in anni di voti trasversali. E mentre in consiglio la minoranza ha fatto la sacrosanta battaglia per il rispetto dell'autodeterminazione della donna, la maggioranza non ha trovato i voti sufficienti: il buon senso alla fine ha avuto la meglio. Almeno per ora: ora la legge torna in giunta. E sappiamo che gli attentati alla corretta applicazione della legge 194 sono sempre in agguato.
Contro questi tentativi non bisogna stancarsi di vigilare, perché è proprio grazie a questa legge che, almeno finché veniva correttamente applicata, gli aborti sono drasticamente diminuiti. Il diritto di scelta, e ad abortire in sicurezza, va garantito, e la scelta si dà regolamentando l'obiezione ma anche applicando tutti gli sforzi per educare e prevenire, mettendo tutto l'impegno necessario a uscire da modelli educativi da un lato noncuranti, dall'altro oscurantisti. Allo stesso modo, poiché scegliere di abortire è un momento tragico nella vita di ogni donna, che spesso si subisce anche per difficoltà materiali, è un altro dovere andare ad incidere su tutte le cause di questo fenomeno applicando integralmente anche i primi articoli della 194 che parlano di sostegno e aiuto alla madre.  Ma mai, mai - e lo dico da credente - mai potremo lavarci la coscienza con facili moralismi volti a criminalizzare le scelte delle donne.
Laura Puppato